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“Rispondendo alla voce della sua patria umiliata, lavorò in numerosi gruppi di resistenza. Nel maggio 1944 cadde nelle mani della Gestapo (polizia segreta tedesca), che ce lo tolse per sempre” (Sint Unum, 1947).
Nato il 9.3.1909, Kristiaan Muermans professò nel 1928 e fu ordinato prete nel 1933 a Louvain. Negli anni successivi insegnava alla nostra scuola apostolica di Tervuren. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fu arruolato per l’esercito belga. Come risulta da una lettera di suo fratello, Wim Muermans, al P. Bothe, P. Kristiaan Muermans dopo il suo ritorno in Belgio fu attivo nella resistenza belga: “Si dedicò alla stampa clandestina e aiutò molti giovani a nascondersi, impedendo alla Gestapo di arrestarli e di trasportarli nei campi di lavoro. Quando la Gestapo scoprì la sua attività, Muermans venne arrestato davanti ai suoi allievi. Dopo alcuni giorni nel carcere di Bruxelles fu trasferito successivamente nei campi di concentramento di Buchenwald, Ellrich, Harzungen e Dora ove morì il 16.12.1945, solo alcune settimane prima della liberazione del Lager da parte degli americani” (citato in Bernd Bothe, Martiri…, p. 31s.).
Sappiamo oggi che P. Muermans morì in uno dei 40 sottocampi del campo di concentramento Mittelbau-Dora, a Blankenburg. Dora servì dal 1943 al 1945 per la produzione di arme da guerra per l’esercito tedesco. Queste armi erano prodotte in una immensa fabbrica sotterranea, la più grande a quell’epoca: un gigantesco tunnel, lungo 20 km e alto 30 metri. Su 60 000 prigionieri, trattati come schiavi di lavoro a Mittelbau-Dora e nei sottocampi, 20 000 morirono, fra questi anche P. Muermans; ma le circostanze della sua morte sono rimaste sconosciute.
P. Muermans non ci ha lasciato nessun documento scritto. Il suo impegno in favore dei giovani nella resistenza al prezzo della sua stessa vita, è il fondamento di quella memoria che André Jarlan, lui stesso ucciso in Cile, descrisse così: “Coloro che fanno vivere sono quelli che offrono la loro vita, non quelli che la tolgono agli altri. Per noi la resurrezione non è un mito, ma proprio una realtà; questo evento, che noi celebriamo in ogni Eucaristia, ci conferma che vale la pena di dare la vita per gli altri e ci impegna a farlo.” (citato in Riccardi, Il secolo del martirio, p. 23) [cf. Bernd Bothe, Märtyrer der Herz-Jesu-Priester, p. 29-35]. |
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